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Ricordando Steve McQueen e la sua vita spericolata

Trentacinque anni fa moriva il divo appassionato di corse d'automobile e abile pilota, artista indipendente che seppe opporsi al potere delle major. Per tre giorni arriva al cinema il docufilm che racconta la sua ultima impresa, il film sulla 24 ore di Le Mans. Parla il figlio Chad: "Quel lavoro fu un disastro finanziario, ma c'è dentro tutta la sua visione della vita"
Trentacinque anni dopo la sua morte Steve McQueen regala la sua verità sul cancro che se l'è portato via il 7 novembre 1980: " Penso che a causare la malattia sia stata sì la presenza di alluminio nei polmoni, ma anche le troppe pressioni che ho subito in un momento particolare della mia vita, in cui ho perfino pensato di mollare tutto". La voce registrata del King of cool è uno dei materiali inediti di Steve McQueen: Una vita spericolata, documentario su quella che avrebbe dovuto essere la sua più grande impresa - girare il film definitivo sulla 24 ore di Le Mans  -  e che invece gli costò il prezzo più alto dal punto di vista artistico, umano, economico. E che, nella sua convinzione, ne minò anche la salute.
Il film di Gabriel Clarke e John McKenna che I Wonder porta in sala il 9, 10 e 11 novembre, mette insieme interviste ai familiari di McQueen, materiali di repertorio e sopratutto filmati d'archivio tratti dalle tre ore e mezzo di girato sul set del 1970, un dietro le quinte del progetto (naufragato tra costi faraonici, liti col regista e il produttore) che era rimasto nascosto in scantinati e garage in Europa e negli Stati Uniti per quarant'anni.


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